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Gaudì scelse la Fornace Orsoni per rivestire la Sagrada Familia: è l’azienda che a Venezia produce mosaici a foglia d’oro

Romina Gobbo

È come entrare in uno scrigno che custodisce la saggezza di secoli. La Libreria dei Colori è il cuore della Fornace Orsoni 1888, l’unica autorizzata ad usare fiamma viva a Venezia (le altre sono a Murano). Migliaia di piastrelle colorate sono ben disposte su mensole di legno. Su quanti colori esistano in natura, gli scienziati ancora discutono, di sicuro in questo luogo, dove l’atmosfera è quella del laboratorio di magia di Harry Potter, ci sono almeno 3.500 diverse tonalità di smalti veneziani. Per un’immersione totale, non resta che osservare questo spettacolo seduta su una poltrona firmata Missoni, maestro del colore per i tessuti, come Angelo Orsoni lo fu per i mosaici. È Giandomenico Facchina, il miglior mosaicista dell’epoca che, nel 1888, dona ad Angelo la fornace, vedendo in quel giovane di origini muranesi, un innato talento per il colore. Nasce, così, la “Ditta Angelo Orsoni, smalti e ori per mosaico” che – come dice il nome – produce mosaici a foglia d’oro 24 carati, oro colorato e smalti veneziani. Trova ben presto sede alla fondamenta di Cannaregio, dov’è tuttora. L’anno successivo, la partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi, con un pannello multicolore utilizzato come campionario di smalti e ori musivi, apre ad Angelo la via del successo.

Nonostante il Vaticano rimanga il principale acquirente, il mosaico non è più un’esclusiva del mondo religioso, assurge ad un’inedita vocazione civile, nell’arte e nella decorazione. I lavori sono numerosi e importanti: il restauro dei mosaici dorati della Basilica di San Marco a Venezia, un’esclusiva Orsoni, a Milano, il pavimento della Galleria Vittorio Emanuele, a Parigi i mosaici dell’École des beaux-arts, dell’Hȏtel de Ville, del Palazzo Borbone, del teatro dell’Opèra, del Trocadéro e della Basilica del Sacro Cuore, a Marsiglia, quelli della Basilica di Notre Dame de la Garde, a Londra, la cupola della Cattedrale di Saint Paul, a Lourdes, il Santuario di Nostra Signora. Alla morte di Angelo, avvenuta nel 1921, gli succede il figlio Giovanni, sotto la cui gestione vengono realizzate le decorazioni per la Sala d’Oro del Municipio di Stoccolma e per l’interno dell’Altare della Patria a Roma, e il restauro della Basilica di Santa Sofia a Istanbul. Nel 1924, un’altra prestigiosa commissione: l’architetto Antoni Gaudì incarica Giovanni delle decorazioni delle guglie della Sagrada Familia di Barcellona. «È un impegno che continua, perché devono essere realizzate tutte le diciotto guglie come da progetto – racconta il presidente di Orsoni Venezia 1888, Riccardo Bisazza – solo per quest’opera straordinaria Gaudì ha usato il vetro. Credo che la scelta sia dipesa dal fatto che si tratta di un materiale che non si scolora e non si consuma mai». Al suo fianco, il presidente onorario, Lucio Orsoni, che è anche consulente artistico.

La storia della Fornace Orsoni dura da 174 anni e ha visto in azione quattro generazioni, fino al 2003, quando questo patrimonio unico di tradizione, arte e passione, viene rilevato dalla Trend Group, azienda di design fondata nel 2000 da Pino Bisazza, padre di Riccardo, specializzata nel mosaico artistico e industriale. Il Gruppo ha due anime: una americana, e quella italiana, che trova la sua massima espressione nella Fornace Orsoni, i cui mosaici hanno conquistato quasi tutto il mondo. «C’è Orsoni nella Washington Cathedral, ad Aparecida in Brasile, nei Buddha thailandesi, a Mosca, a San Pietroburgo, ad Abu Dhabi, in Arabia Saudita, nel Maghreb, in Vietnam, Laos e Cambogia – dice il presidente Bisazza -. Oggi siamo impegnati nel rivestimento della più grande Basilica ortodossa, che si sta costruendo a Bucarest».

Il segreto è continuare a lavorare a mano, nella tradizione dei maestri artigiani. Il potenziale cliente che visita la fornace non può non restare affascinato da quella fiamma incandescente che rievoca l’antro di uno stregone, ma anche dalle abili mani delle signore che tagliano le tessere, con una velocità e una precisione inconsuete. 

«Il mosaico d’oro è costoso – prosegue – ma quando le persone vengono qui, capiscono quanto lavoro c’è dietro, e la questione del prezzo non è più l’elemento centrale nella discussione. Pensiamo all’individuazione del colore in fusione attraverso gli “assaggi del colore”, o alla tranciatura degli smalti veneziani. Non dimentichiamo, poi, che le sottilissime lamine in foglia d’oro sono il risultato di ore e ore di battitura a mano da parte dell’unico battiloro rimasto a Venezia».

La fornace continua il suo luminoso e magico percorso, anche con lo sguardo rivolto alla cultura. “Orsoni Art & Culture” sviluppa progetti incentrati sulla tecnica del mosaico e sul colore, attraverso un approccio multidisciplinare che abbraccia conferenze e talk, residenze artistiche, collaborazioni con artisti, designer e architetti. «L’obiettivo – spiega Laura Tonicello, cultural manager – è creare un ambiente che funga da crocevia per gli appassionati d’arte, artisti emergenti, professionisti del settore e appassionati di cultura, un polo di eccellenza, dove la creatività si fonda con la tradizione». C’è, poi, la formazione delle nuove generazioni. «Non esistono scuole per il mosaico d’oro. Tocca a noi tramandare il nostro modo di lavorare tradizionale. Per questo, stiamo ristrutturando uno spazio, che abbiamo chiamato Scola (alla veneziana, ndr), dove attiveremo corsi e residenze d’artista. Ci vuole molto tempo per istruire le maestranze alle nostre attività manuali. Ma noi crediamo che il fare a mano bene abbia un valore non sostituibile da nessuna macchina o tecnologia. Non c’è che dire, Angelo Orsoni è stato un visionario, per me resta fonte di ispirazione», conclude il presidente Bisazza.

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