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Il Turismo Italiano secondo il XXVI Rapporto 2023 del Cnr/Ispc, il trend nel Belpaese

Gavino Maresu

La prima edizione del Rapporto sul Turismo Italiano risale al 1984 e il suo ideatore è stato il professor Piero Barucci: quella di quest’anno, appena pubblicata a cura del Cnr/Ispc (Consiglio Nazionale delle Ricerche/Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale) è la XXVI Edizione ed è stata coordinata da quattro studiosi: Alessandra Marasco, Alfonso Morvillo, Giulio Maggiore e Emilio Becheri; quest’ultimo fu curatore anche della prima edizione. Il Rapporto raccoglie 31 contributi, realizzati con la partecipazione di 66 autori (quorum ego…) ed è organizzato in 4 sezioni: Economia, Servizi e Statistiche per il turismo; Competitività e Sostenibilità delle Destinazioni; Turismi e Mercati; Politiche per il turismo, oltre a 13 focus su temi di particolare rilevanza e su aspetti emergenti che caratterizzano il nostro turismo che, a causa della sua intersettorialità fu definito da Piero Barucci come “Non Settore”.

I flussi turistici post-Covid

La XXVI edizione del Rapporto evidenzia la ripresa del turismo internazionale a livello globale: secondo il Barometro Mondiale del Turismo dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, il 2022 ha infatti registrato un +111,5% di arrivi internazionali rispetto al 2021, risaliti a 969 milioni in tutto il mondo. L’Italia, con oltre 55 milioni di arrivi internazionali (tabella 1) nell’anno post-covid 2022 non è però riuscita a recuperare totalmente gli oltre 65 milioni di arrivi internazionali del 2019, rispetto al quale ha registrato un calo del 15,2%, anche se rappresentano il 5,2% della quota degli arrivi a livello mondiale. Nello stesso periodo le presenze dei turisti internazionali sono passate dai 220,6 milioni a 201,1 con un calo quindi dell’8,9%.

Migliori invece sono state le performance del turismo interno: gli arrivi dei turisti italiani nelle strutture ricettive sono passati da 66,3 milioni del 2019 a 63,4 nel 2022 (-4,4%) e le presenze da 216 milioni a quasi 211 (-2,8%).

Il movimento turistico complessivo (italiani+ stranieri – tab.1) tra il 2019 e il 2022 ha registrato le seguenti performance: gli arrivi sono passati da 131,4 milioni a 118,5 (-9,8%), le presenze da 436,7 milioni a 412 (- 5,7%).

In concreto nel 2022 si è registrato un grandioso recupero (+94,3%) della domanda turistica rispetto ai livelli pre-covid: nel 2020 infatti si era verificato un crollo del 52,3% rispetto al 2019 dovuto alla pandemia; dalle prime proiezioni diffuse dall’Organizzazione Mondiale del Turismo sembra che tale recupero sia già avvenuto nel corso del 2023, i cui dati dovrebbero essere disponibili dopo l’estate di quest’anno.

Nella tabella 2 sono invece riportate le performance del movimento turistico nelle Regioni italiane da cui si evincono diversi dati e performance: anche nel 2022 il Veneto si conferma come la regione più visitata in assoluto con quasi 66 milioni di presenze, anche se queste hanno subito una diminuzione del 7,5% rispetto al 2019 quando erano state oltre 71 milioni; al secondo posto si è riconfermato il Trentino Alto Adige con oltre 52 milioni di presenze (invariate rispetto al 2019), mentre alla terza posizione si riconferma la Toscana con 42,8 milioni di presenze, diminuite però ddell’11% rispetto al 2019. Il crollo maggiore in fatto di presenze tra il 2019 e il 2022 lo hanno avuto la Calabria con – 23,7%, la Campania con – 19,3%, la Basilicata con – 18,8%, il Piemonte con – 11%.

L’offerta turistico-ricettiva

Tra il 2019 e il 2022 l’offerta ricettiva complessiva (tabella 1) ha avuto un leggero incremento: le imprese infatti sono passate da 218.327 a 224.644 (+ 2,2%) e i posti letto da 5,17 milioni a 5,20 (+ 0,5%); tali incrementi però sono dovuti soprattutto alle strutture extralberghiere le cui imprese sono passate da 185.597 a 192.219 (+3,6%) e i letti da 2,91 a 2,96 milioni (+ 1,5 %).

L’economia del turismo e il “turismo che non appare” nel XXVI Rapporto

I consumi turistici complessivi nel nostro Paese nel 2022 (tabella 3) sono stati, secondo la Banca d’Italia e l’ISTAT, 164,6 miliardi di euro cui hanno contribuito la spesa turistica degli italiani che hanno trascorso le loro vacanze in Italia per un valore di 70,126 miliardi euro, quella dei turisti stranieri per un valore di 55,125 miliardi, e 39,363 miliardi formati da “altre componenti di consumi turistici” che comprendono gli affitti turistici e consumi vari attivati dal turismo business. Nel 2022 in sostanza si è recuperato e superato il livello dei consumi turistici del 2019, quando furono 164,012 miliardi di euro crollati negli anni del covid.

Va osservato inoltre che è la prima volta che viene considerata nelle componenti dei consumi turistici la voce “altre componenti di consumi turistici”. Nel nostro Paese infatti esiste un’offerta di strutture ricettive non classificate ufficialmente come tali, costituita da seconde case, case vacanza, appartamenti, residence che vengono offerti dai proprietari per affitti turistici anche se non gestiti in maniera imprenditoriale e che costituiscono il vero “zoccolo duro” della nostra offerta ricettiva soprattutto della Liguria e delle Regioni meridionali e insulari, e che, secondo la ricerca di Mercury-Rescasa “Il turismo italiano negli appartamenti, Primo Rapporto 2005” ammonterebbe a circa 3 milioni di appartamenti dati in locazione turistica, posizionati soprattutto nelle località balneari e montane. Tale cifra è stata riconfermata anche dal recentissimo studio della FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali) “Report immobiliare delle locazioni brevi ad uso turistico 2022”.

Secondo lo studio di Mercury-Rescasa, il movimento turistico non rilevato ufficialmente negli appartamenti di vacanza nel 2005 sarebbe consistito in circa 730 milioni di presenze che, se restate invariate anche nel 2022 e sommate a quelle ufficiali di 412 milioni riportate nella tabella 1, porterebbero a 1 miliardo e 142 milioni di presenze turistiche effettive nel nostro Paese.

A suffragare parzialmente questi numeri soccorre la Banca d’Italia che annualmente conduce una “Indagine sul turismo internazionale”, secondo cui nel 2022 i pernottamenti dei turisti stranieri nel nostro Paese sarebbero stati 356,7 milioni con una spesa media pro capite di 124,1 euro a notte. Come si vede si tratta di un numero di pernottamenti ben più alto dei 201,07 milioni (vedi tabella 1) rilevati da ISTAT nelle sole strutture ricettive classificate.

Il trend di alcuni segmenti di turismo

Per avere una più completa visione del fenomeno del turismo italiano oltre i cosiddetti “big data”, il Rapporto fornisce anche alcuni focus sui trend di alcuni segmenti di turismo, tra i quali il turismo balneare, il turismo montano, quello congressuale, i cui dati essenziali illustro qui di seguito. In questa edizione del Rapporto non sono stati invece trattati segmenti importantissimi come il turismo culturale e quello rurale, e sono stati invece dedicati dei focus al turismo LGBTO, all’Art tourism, allo Smart tourism nelle città italiane e al turismo crocieristico.

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a) Il turismo della montagna

Il Rapporto prende in esame il trend della Province alpine di Piemonte, Valle d’Aosta, Sondrio, Bolzano, Trento, Belluno, dove le presenze turistiche tra il 2019 e il 2022 hanno subito un calo medio del 2,4%, essendo passate da circa 66,2 milioni a 65,4, anche se con andamenti differenti a seconda delle province. Il Trentino Alto Adige con 52,2 milioni di presenze realizzate nel 2022 (il 79,9% di tutte quelle delle province alpine prese in esame) si conferma la Regione leader del turismo alpino.

b) Il turismo balneare

È stato analizzato il movimento turistico delle sole 28 località balneari che hanno realizzato un numero di presenze superiore al milione situate in Friuli, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Campania, dove il turismo balneare rappresenta un segmento particolarmente importante, specie in Liguria dove rappresenta circa il 90% del movimento turistico. Comunque nelle suddette 28 località si sono rilevate 68,7 milioni di presenze nel 2022.

c) Il turismo congressuale

Pur essendo il segmento più complesso da analizzare e con la più alta spesa turistica media pro-capite, tuttavia, i dati pubblicati nel Rapporto, provenienti all’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi (Oice) promosso da Federcongressi, sono confusi, inadeguati e fuorvianti nel descrivere il fenomeno ad iniziare dalla stessa definizione di evento che ne viene data. Gli estensori dell’Oice infatti definiscono “evento congressuale” una riunione di almeno 10 persone della durata di almeno 4 ore se la riunione si tiene in una sala o struttura convegnistica: si presume quindi che anche una semplice assemblea condominiale possa assurgere al titolo di “evento congressuale”!

Nell’Oice non viene fornito alcun dato né sulle tipologie e caratteri di eventi esaminati (congressi, corporate meeting, sportivi, culturali, religiosi ecc.), né sulle caratteristiche e provenienza dei congressisti (nazionale, internazionale), ignorando al riguardo termini e definizioni codificati dagli organismi internazionali di settore più qualificati quali Uia (Union of International Associations) di Bruxelles che da oltre 100 anni pubblica una statistica annuale sui congressi internazionali promossi da oltre 72 mila organismi, governativi e non, sparsi nel mondo; Icca (International Congress and Convention Association) che pubblica una statistica su quelli promossi dalle oltre 24 mila associazioni aderenti; Iapco (International Association of Professional Congress Organizers) ecc. Nessun dato viene fornito circa le presenze alberghiere (si parla genericamente di 31,7 milioni di presenze nelle sedi congressuali), né tantomeno sull’economia, che vengono generate dai 303.689 eventi censiti nel 2022. Nessun accenno neanche agli organismi nazionali o internazionali, governativi o no che li hanno promossi o ai Convention Bureau e alle imprese (Pco) che li hanno acquisiti, gestiti o organizzati!

Le politiche e le strategie per il turismo del futuro

Per superare la crisi e i fenomeni recessivi innescatisi in molti settori dell’economia italiana e quindi anche nel turismo a causa della pandemia, è stato adottato dal Governo, come noto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con un orizzonte al 2026, articolato in Missioni e componenti di natura settoriale, tra la cui la M1C3 – Cultura e Turismo 4.0, che prevede investimenti per 5,7 miliardi di euro per il recupero e la rivitalizzazione culturale di specifici territori e svilupparne l’attrattività, e 2,4 miliardi di euro per la competitività delle imprese turistiche e per interventi sull’offerta culturale e l’accoglienza turistica nel territorio di Roma e provincia in vista del prossimo Giubileo nel 2025.

È entrato nel frattempo in fase di attuazione anche il ciclo di programmazione delle politiche di coesione 2021-2027, finanziato da risorse aggiuntive nazionali e dell’U.E. (Fondi strutturali europei, Fondo per lo sviluppo e la coesione e Piano d’azione per la coesione). Il contributo della politica di coesione alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali e allo sviluppo della filiera turistica viene ricostruito nei diversi territori sotto la strategia “Attrattività turistica” che include investimenti relativi a tre ambiti:

Natura: tutela e valorizzazione delle risorse naturali, promozione della biodiversità e protezione del patrimonio naturale, principalmente nei parchi naturali e nei Siti Natura 2000;

Cultura: tutela e valorizzazione delle risorse culturali, protezione e conservazione del patrimonio, creazione di infrastrutture, miglioramento dei servizi e incentivi per la competitività delle imprese culturali e creative;

Turismo: sviluppo della filiera turistica: infrastrutture e promozione di servizi di ricettività, ospitalità, accoglienza, marketing e governance territoriale, gestione delle destinazioni turistiche e sostegno alle imprese operanti in tali ambiti.

Alla data del 30 giugno 2023, i progetti destinati all’attrattività turistica sono circa 37 mila, con un costo pubblico di circa 20 miliardi di euro e riguardano progetti definiti da tutte le regioni italiane.

I cambiamenti climatici: una spada di Damocle sul futuro del nostro turismo

Un capitolo del Rapporto (curato dal sottoscritto) è dedicato al tema dei cambiamenti climatici e agli impatti disastrosi che essi stanno determinando e sempre più determineranno a carico non solo delle attività turistiche in senso stretto, ma anche e soprattutto dell’ambiente naturale e delle sue risorse (mari, monti, laghi, acqua, neve ecc.) dell’agricoltura, delle infrastrutture e del patrimonio culturale. La ricerca consiste in un repertorio degli studi internazionali condotti dai più importanti organismi intergovernativi (l’Onu in primis) e dai più prestigiosi Istituti di ricerca, Atenei e scienziati a livello mondiale.

Nel “Regional impact of climate change on European tourism demand”, pubblicato dall’U.E. nel giugno 2023, vengono simulate le proiezioni regionali preliminari dei pernottamenti sia in base agli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi del 2015 nell’ambito della COP 21, che prevedevano due livelli di riscaldamento globale (1,5°C e 2°C), sia in un’ipotesi di due livelli più elevati (3°C e 4°C). Tali proiezioni hanno generato un modello europeo nord-sud dei trend della domanda turistica dove, in conseguenza dei cambiamenti climatici, le regioni settentrionali europee beneficerebbero di un aumento del 15,9% rispetto all’anno-base 2019, mentre quelle meridionali vedrebbero una riduzione media del 9,1%. “Gli ultimi tre decenni di ricerche – si legge nello studio dell’U.E.- non sono riusciti a preparare il settore per la transizione net-zero e ai disastri causati dal clima, che trasformeranno il turismo nell’orizzonte temporale del 2050”.

I cambiamenti climatici che stanno investendo il nostro pianeta e che stanno sconvolgendo anche i sistemi di vita dell’umanità oltre che la natura, sono da attribuirsi in gran parte all’opera inquinante delle attività socioeconomiche con l’emissione nell’atmosfera di elementi fortemente inquinanti: occorre di conseguenza ipotizzare un nuovo modo di produrre e forse anche un mondo diverso: “Un mondo diverso è possibile – ha dichiarato a sua volta in un’intervista a “La Repubblica-Robinson” il 1 aprile 2023 il grande antropologo e scrittore indiano Amitav Gosh – ma non possiamo aspettarci che lo immaginino politici, scienziati e tecnocrati. Questo è il lavoro di artisti e scrittori. E di voi giovani!”.

Penso che sarà così anche per il futuro dell’Italia e quindi anche del turismo italiano.

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