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Farsi un giro di veg a Vienna, esperienze a tavola

La città della Sacher e del Wiener Schnitzel ha un’anima vegetariana e vegana, sopita per alcuni decenni, ma  che ora sta riemergendo con forza con ristoranti innovativi. Era il 1877 quando a Vienna le «povere» verdure iniziarono ad essere riabilitate e Karl Ramharter, un fornaio, aprì con sua moglie Magdalena, il primo ristorante vegetariano della storia viennese. Tra i suoi più illustri clienti annoverò ben presto il compositore Gustav Mahler, che evidentemente apprezzava una cotoletta a base di sedano, farro verde e lenticchie come una sinfonia. La salute era al centro di questa ondata vegetale infatti tutti i ristoranti vegetariani si presentavano come «igienico-sanitari». Inquinamento ed emergenza climatica non erano ancora avvertiti come un problema. L’invasione della chimica in agricoltura era di là da venire. E così alla rinuncia alla carne si associava spesso la rinuncia ad alcol, tabacco e pane bianco (troppo zucchero). Infatti nei ristoranti vegetariani non si servivano alcolici. La più famosa associazione vegetariana Verein für naturgemäße Lebensweise, fondata nel 1881 motivava quella scelta anche in favore del benessere animale. Un congresso vegetariano fu organizzato nel 1886. Pochi erano i vegani anche perché la soia, naturale sostituto delle proteine animali non era impiegata in cucina.

La cerchia dei «ribelli alla carne» era piuttosto chiusa, ma le tendenza era quella di trasmettere all’esterno un’immagine più orientata alla gioia di vivere e al divertimento che non  all’ascetismo. Per questo il programma dell’associazione era ricco di feste e viaggi. Il pubblico di riferimento era la classe media, ma per il lavoratori c’era un messaggio economico: «Mangiare vegetariano costa meno».  In realtà le classi più povere già mangiavano poca carne e non erano così disposte a rinunciare alle modeste quantità che si potevano permettere. In realtà anche oggi i più poveri avvertono come una punizione la proposta di nutrirsi con meno carne e dunque non mangiano meglio dei ricchi come è stato incautamente affermato da un ministro. Al passato veg della capitale austriaca è dedicato un progetto di ricerca finanziato dal Comune: Il movimento vegetariano di Vienna 1870-1938. La cucina vegetale contemporanea si giova oggi sia di tutte le nuove conoscenze sulle materie prime che delle contaminazioni gastronomiche da tutte le parti del mondo. È il caso del ristorante &Flora, dove la chef di origine iraniana Parvin Razavi propone una cucina nordica e insieme orientale con un largo uso di erbe e spezie e prodotti locali.

Il risultato sono uno schieramento sul tavolo di piattini colorati e vari negli ingredienti e nei sapori. Il loro motto è «dalla radice alla foglia» e dunque un uso dei vegetali senza sprechi e con l’obiettivo di ottenere il massimo del sapore. Peccato che la carne non sia del tutto esclusa dal menu come del resto avviene all’Hausbar.

Qui lo chef Mario Ulrich si concentra su una cucina regionale e stagionale con un menu di sette portate accompagnate da bevande analcoliche aromatiche. Famoso è il suo gulasch vegetariano. Il massimo della raffinatezza vegetale e dell’alta cucina è ben rappresentato dal Tian fondato da Christian Halper e oggi diretto dallo chef Paul Ivić. La sua missione è quella di valorizzare ortaggi, frutta e cereali della regione coltivati biologicamente così da preservare contenuti nutrizionali e gusto.

Radici, foglie e bucce trovano spazio più nella pentola che nel cesto dell’immondizia. «Per me è importante non imitare il sapore della carne con la mia cucina, ma piuttosto esaltare il gusto della natura», spiega lo chef che ha portato al Tian una stella Michelin e quattro cappelli Gault Millau. Una versione bistrot del Tian è ubicata nel quartiere Spittelberg in un giardino Biedermeier. Da una costola del Tian è nato il Jola di Jonathan Wittenbrick, ex-Tian, e della sua compagna Larissa Andres (da qui il nome JoLa).

Il loro impegno è tutto incentrato nel far emergere il gusto a volte nascosto dei vegetali. Nel menu a sorpresa  le verdure prevalgono anche su legumi e cereali. Propongono bevande analcoliche come il sempre più popolare kombucha e il meno noto kvass a base di brezel. Intrigante è la sfida vegetale lanciata dalle avanguardiste Cecilia Havmöller e Susanna Paller, che dal 2019 gestiscono il Lala, un luogo per asporto e ristoro veloce non solo senza prodotti animali, ma anche senza plastica e zucchero.

I loro piatti sono preparati al momento e consistono in ciotole (bowl) miste con ingredienti insoliti tipo teff e micro ortaggi, alghe, insalate, frullati proteici, dessert. Questo ristorante, che oggi a Vienna ha due sedi, è stato il naturale proseguimento delle gelaterie Veganista che dal 2013 si sono affermate come tra le migliori di Vienna pur senza avere tra i loro ingredienti una goccia di panna. Molto riusciti i gusti ispirati alle torte Sacher e Foresta Nera. Il segreto dei loro locali sta anche negli arredi molto colorati e pensati per trasmettere leggerezza e allegria ai propri clienti. Gli ambienti tradizionali delle birrerie austriache sembrano d’un tratto più malinconici e meno accoglienti. Ecco che abbandonare il würstel può diventare meno traumatico.

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