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Chiese, monasteri, archivi in rovina: luoghi di turismo culturale da salvare

“I beni culturali d’interesse religioso di proprietà della Chiesa, in tutte le sue varie articolazioni e organizzazioni storiche, sono la parte più cospicua del patrimonio artistico e storico della Nazione, distribuita in ogni angolo del nostro territorio e custodita da preti e religiosi, che la detengono in ragione della loro missione”, così scriveva nel 1997 l’allora Direttore generale del Ministero per i beni culturali e ambientali Mario Serio.

La CEI (Conferenza Episcopale Italiana) nel 2019 scrive nel rendiconto 1990-2018 circa gli impieghi dell’Otto per mille alla Chiesa cattolica che “in Italia circa il 70% del patrimonio artistico è di carattere religioso. Su circa 95.000 chiese, ben 85.000 sono ritenute un bene culturale così come 1.535 monasteri, 3.000 complessi monumentali, 5.500 biblioteche, 26.000 archivi, 700 collezioni e musei ecclesiastici e migliaia di opere pittoriche e scultoree”.
Non tutte le opere d’arte e i monumenti di carattere religioso esistenti nel nostro Paese sono però di proprietà della Chiesa cattolica: tra questi rientra il patrimonio del Fondo Edifici di Culto (FEC), che con legge postunitaria del 1866 incamerò il patrimonio immobiliare di alcuni Enti ecclesiastici soppressi, comprese le numerose opere d’arte che vi erano custodite. L’attuale FEC dispone di un patrimonio storico artistico di enorme valore, consistente in 837 edifici sacri distribuiti in 15 regioni italiane, dati in concessione gratuita alla Chiesa cattolica e a vari enti ecclesiastici, oltre a 25 fabbricerie e comprende chiese al cui interno sono custodite opere di Michelangelo, Giotto, Donatello, Tiziano, Caravaggio, Bernini ecc. Del FEC fanno parte anche aree archeologiche, un fondo librario, la foresta di Tarvisio e quella di Monreale e Giardinello in provincia di Palermo.
Diverse leggi (concordatarie, statali, di Diritto Canonico, regionali), norme e accordi tra vari organismi statali ed ecclesiastici regolano la conservazione, tutela, gestione e valorizzazione di questo immenso patrimonio unico al mondo per estensione e importanza, che però non è inserito in maniera adeguata nel mercato dell’offerta turistica a causa di forti condizionamenti di carattere soprattutto religioso, che ne limitano la sua piena fruizione, con il rischio anche che esso si deteriori in maniera irreversibile, anche a causa delle enormi risorse finanziarie che occorrerebbero per la sua manutenzione, restauro e gestione.
A tutto ciò si aggiunge la diminuzione delle vocazioni religiose e quindi la scarsità dei parroci che officiano le chiese con conseguente dolorosa chiusura di molte di esse, come denuncia anche lo storico dell’arte Tomaso Montanari nel suo recente libro (2021) intitolato non a caso “Chiese Chiuse”.
Tutti questi argomenti sono stati sviluppati in una ricerca che ho promosso e pubblicato nel 2021 sul “XXIV Rapporto sul Turismo Italiano” a cura del CNR/Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo, oltre che sulla Rivista “Turistica, Italian Journal of Tourism”, organo ufficiale sella SISTUR (Società Italiana di Scienze del Turismo), dove avanzo alcune idee e proposte relativamente alla gestione anche in chiave turistica delle chiese di grande valenza storico-artistica, compatibile con le loro finalità e funzioni di carattere religioso e nel rispetto delle norme canoniche e concordatarie. Ho quindi proposto di strutturare un nuovo segmento di turismo da indirizzare non solo ai credenti come quello del “Turismo Religioso”, ma a chiunque, credente o no, ami l’arte, la cultura e l’heritage in generale. Questo nuovo segmento viene definito come “Spiritual Heritage Tourism”, differente quindi anche dallo “Spiritual Tourism”, codificato nel 2015 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo.

Sarebbe molto interessante se i giornalisti, compatibilmente con le loro attività professionali, documentassero/illustrassero con immagini o altri mezzi l’esistenza nelle loro regioni, città o borghi di residenza, di chiese, conventi, monasteri, abbazie, santuari ecc., inaccessibili o in situazioni di degrado in modo da organizzare un evento con una mostra fotografica di denuncia di tali colpevoli situazioni, che danneggiano in modo irreversibile uno dei patrimoni fondanti, quello religioso e spirituale, della nostra storia e della nostra cultura identitaria.
La valorizzazione e gestione “anche” in chiave turistica del patrimonio culturale ecclesiastico potrebbe essere uno degli elementi essenziali del futuro dell’economia del turismo del nostro Paese, perché nessun altro paese al mondo possiede una così straordinaria e diffusa ricchezza. Lo Spiritual Heritage Tourism e i suoi prodotti non vanno però proposti e generici target di turisti, ma a quelli in cerca di atmosfere e luoghi che li facciano emozionare e sognare.
Lo “Spiritual Heritage Tourism” infatti offre ai viaggiatori non solo un viaggio spirituale nel sacro, ma il sogno reale di un’esperienza totalizzante nella “Grande Bellezza” dei “Luoghi dell’Infinito”

 

 

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