L’America che ti aspetti, ma anche qualche sorpresa
Atterrare in mezzo alle luci di una metropoli? Fatto.
Camminare sulle stelle del cinema? Fatto.
Guidare nel deserto “prossimo bivio tra 200 chilometri”? Fatto.
Essere inseguiti da un’auto fantasma? Fatto.
E poi ancora: visitare una città abbandonata con 45 gradi, mangiare in un locale anni Cinquanta, scendere in un canyon guidati da un indiano Navajo, perdersi in un tramonto sull’oceano…

Due settimane “on the road” – sulla strada – nell’Ovest degli Stati Uniti sono un’esperienza da raccontare. Poi scopri che molti l’hanno già vissuta, ma tant’è: ti rimane negli occhi e attaccata alla pelle come un pezzo straordinario di vita. E farlo con le persone più importanti, tua moglie e i tuoi figli, non ha prezzo.

Qualche dettaglio, che potrebbe essere utile a qualcuno in futuro. Voli American Airlines Venezia-Philadelpia (9 ore) e Philadelfia-Los Angeles (quasi 6 ore). Un tuffo nelle luci della tentacolare metropoli da 3 milioni e 800 mila abitanti, la più popolosa città degli Stati Uniti, ed è subito immersione in ambienti che, in fondo, conosciamo già tutti, perché li abbiamo visti tante volte nei film. Molto elegante Beverly Hills, quartiere con i negozi grandi firme punteggiato di ville ed auto lussuose; molto turistico e un po’ decadente Hollywood, dove la passeggiata sulle “stelle” del cinema è comunque doverosa; spettacolare il tramonto sulla spiaggia di Santa Monica, dove finisce la mitica Route 66 e le onde del Pacifico accarezzano la città, popolata di appassionati di skateboard, basket e bike. Un altro tramonto da non perdere è quello dall’Osservatorio Griffith, un balcone affacciato sui mille volti di Los Angeles.


Dopo due giorni, via verso Las Vegas, 271 miglia (436 chilometri) di avvicinamento al deserto del Nevada. La temperatura sale, sale, e sale ancora – a metà strada, in un’area di servizio, c’è perfino il termometro più alto del mondo! – fino a oltre 42 gradi, ma umidità al 7 per cento, e così si sopporta a malapena il vento bollente sparato in faccia. Ci si ripara nell’aria condizionata dei grandi, spettacolari hotel-casinò, dove vaga un popolo variegato di turisti da ogni parte del mondo, alla ricerca di improbabile fortuna alle slot o alla roulette. Impressionante, per noi italiani, il Venetian, un centro commerciale che riproduce più o meno fedelmente alcuni scorci di Venezia: esperienza incredibile, percorrere il ponte di Rialto con le scale mobili. Ah, questi americani!

Abbiamo usato Las Vegas come base di partenza per un tour di tre giorni nei grandi parchi dell’Arizona e dello Utah. Un modo per ottimizzare i tempi, ovviamente. E così il primo giorno abbiamo avvicinato le montagne rosse dello Zion National Park e i pinnacoli del Bryce. Poi, dopo il pernottamento nel villaggio di Page, abbiamo visto il mitico Horseshoe Bend, il ferro di cavallo più famoso del West, e lo strepitoso Antelope Canyon, dove gli indiani Navajo – siamo nel loro territorio autonomo – ti guidano tra rocce di straordinaria bellezza. E sempre loro, gli indiani, gestiscono l’accesso alla celebre Monument Valley: panorami immortali che chiunque abbia visto un film western o abbia letto Tex Willer riconosce in un attimo. Super fotografato il lunghissimo rettilineo dove Forrest Gump disse: “”Sono un po’ stanchino… penso che tornerò a casa”.
Terzo giorno, infine, dedicato a Sua Vastità il Grand Canyon, una spaccatura nella crosta terrestre che l’Unesco tutela fin dal 1979: 450 chilometri di lunghezza, 30 di larghezza, 1800 metri di profondità. Un sistema di canyons che non ha eguali nel mondo. A guardarlo, ci si sente piccoli, poco più di niente… I tour per visitare la zona sono molti, il nostro era proposto da Viator. Molti girano in autonomia, e la cosa è fattibile. Ma attenzione: serve tempo, perché le distanze sono enormi. Per dire: tra il bordo Sud e quello Nord del Gran Canyon occorrono 5 ore di viaggio.




Tra i grandi parchi dell’Ovest abbiamo scelto di vedere poi il Sequoia National Park, facendo base nel paesino di Three Rivers. Fantastico: si cammina tra alberi giganti, mai visti prima. Il più famoso è il generale Sherman: 84 metri, come il campanile di Giotto a Firenze! E ancora, lo Yosemite National Park, facendo base nella cittadina di Mariposa: panorami grandiosi, boschi a perdita d’occhio, sentieri e cascate.


Sulla strada verso la costa, visita a Calico: era un paese minerario, ora abbandonato. Tutto di legno, compreso il saloon. Ti aspetti di veder spuntare la stella dello sceriffo… Qui abbiamo toccato l’apice del caldo: 45,5 gradi. D’accordo, era ora di pranzo in pieno deserto, però a tutto c’è un limite… Un’oasi, a pochi chilometri, il locale Peggy Sue’s 50’s Diner, immersione totale negli anni Cinquanta.

Così, dopo tanta natura e temperature così estreme, un altro tuffo metropolitano per vedere San Francisco. E qui cambia tutto: 18 gradi, vento freddo dall’oceano, rimpianto per non aver portato un piumino leggero in aggiunta alla felpa. “Ho vissuto l’inverno più freddo: un’estate a San Francisco” è la battuta di un detenuto nel celebre film “Fuga da Alcatraz”. E l’isola del famigerato carcere è lì, in mezzo alla baia, di fronte alla città: vecchi edifici abbandonati dal fascino sinistro, stormi in volo, l’orizzonte segnato dai due grandi ponti, il Bay Bridge e soprattutto il rosso e spettacolare Golden Gate. Due giorni bastano per avere un’idea di questa metropoli (7 milioni gli abitanti di tutta l’area): strade in saliscendi, vecchie case colorate, parchi, il Pier 39 luogo turistico per eccellenza tra negozi, ristoranti, un molo riservato ad una colonia di chiassosi leoni marini e gli approdi delle crociere nella baia. C’è il giro di un’ora fin sotto il Golden Gate e c’è anche quello che ti porta fin nelle celle di Alcatraz. Irrinunciabile un giretto sull’antico e sferragliante tram della città, il Cable Car.

E l’auto fantasma, direte voi? Eh già, ne circolano tante: sono i cosiddetti “robotaxi“, veicoli autonomi senza conducente. Si prenotano con una app e girano per la città scandagliandola con mappe e radar. Fa un certo effetto vederli avvicinare nello specchietto retrovisore…
Infine, prima di rientrare a Los Angeles, una tappa sulla splendida costa. Noi abbiamo scelto Pismo Beach, dove il tramonto è un momento di sfuggente felicità, con lo sciabordio delle onde e lo stridio dei gabbiani mentre il sole scende dietro un promontorio e il Pacifico è una tavola luccicante che invita a sognare altri viaggi…

Le 10 ore del Los Angeles-Londra con British Airways sono una lunga notte insonne, l’ora e 40 del Londra-Venezia un battito d’ali verso la laguna. Negli occhi e nella mente restano i grandi spazi americani e, naturalmente, la voglia di tornare.